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Eccidio di Petosino
Ricerca storica

 

   A questo punto Dami diede ordine a quei partigiani, che avevano i documenti in regola, di allontanarsi dalla zona per trarsi in salvo e per cercare rinforzi. Ma la maggior parte di costoro, una volta usciti dai boschi nella direzione di Petosino, furono fermati dai fascisti e riconosciuti come partecipanti all’azione a causa di oggetti (delle cinghie? Una macchina fotografica?) che avevano trafugato dalla Villa. Si tratta di quei partigiani che furono fucilati a Petosino (Carlo e Giovanni Mazzola, Francesco Roncelli). Albino Locatelli, catturato, in un primo momento fu risparmiato per l’intervento del fratello Giuseppe, segretario di Resmini e agente dei partigiani, poi ucciso e il cadavere fatto sparire.

Andrea Pioselli, La diserzione I “mongoli” nella Resistenza bergamasca e la strage di Monte di Nese, Il filo di Arianna, Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, 2010, p. 73.

 

Eccidio di Petosino – Testimonianza diretta

Quelli che si sono staccati dal gruppo di noi di Paladina quando eravamo lì nel bosco dove ci hanno sparato addosso, si sono staccati i due Mazzola e quello di Almenno, l’autista, il Roncelli era tutta gente che poteva circolare perché erano in regola coi documenti e si sono staccati quei tre.

Testimonianza di Giovanni Frana, Vittorio Bonalumi, Marino Bonalumi, Valentino Roncalli, Paladina 2 ottobre 1984, cit., Fonoteca Isrec Bg (daIl colpo è per stanotte, Villa Masnada 26 settembre 1944, ed. Il filo di Arianna, Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, 2019, p. 46)

 

Eccidio di Petosino– Testimonianza diretta

 Il 26 di notte loro erano alla villa e alla mattina alle sette loro [i fascisti] erano già dietro perché i partigiani sono andati avanti sul sentiero della ciclabile e loro si sono mischiati insieme agli operai del Gres. Ascolti, allora vedo che si fermano proprio dove adesso c’è il comune, lì c’era una casa di maser [contadini], ho attraversato la strada e mi sono nascosta dietro il muro della casa. Cosa fanno lì i fascisti? Guardo fuori, ne hanno messi tre al muro, lì sulla strada! Era il muro dell’asilo. Io ero dall’altra parte della strada a dieci, otto metri, ero lì, guardo, sento bem e uno, tre spari, li hanno uccisi tutti e tre poverini. Avevo paura di uscire, ero a piedi nudi, allora mi sono cacciata ancora sotto, nascosta, piano poi sono uscita quando non c’era più nessuno in giro, ho fatto una corsa dalla mia mamma e ho detto: “mamma ne hanno uccisi tre”.

 Testimonianza di Carla Bolis in Annamaria Paganelli, Il colpo è per stanotte, Villa Masnada 26 settembre 1944, ed. Il filo di Arianna, Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, 2019, p. 52

  

Eccidio di Petosino– Testimonianza diretta

Guarda il video -> Video di Carla, la piccola partigiana, compie 90 anni – BergamoNews

  

Decima vittima – Ricerca storica

 L’operazione repressiva non si limita al rastrellamento, ma ha anche un aspetto investigativo e poliziesco di cui fu vittima Giuseppe Piazzalunga […]:
innanzi alla folla i due formarono il Piazzalunga e gli intimarono di seguirli. Forse paventando la sua triste fine costui, dopo fatti alcuni passi, tentò di sfuggire alle loro mani. I due gli spararono contro dei colpi di rivoltella ferendolo gravemente. Riacciuffatolo lo riportarono sulla strada maestra e qui, fermato un carro che vi transitava, lo caricarono sopra, sordi ai lamenti di lui che invocava e chiedeva di essere accompagnato a casa […] M, fatta poca strada, poiché il Piazzalunga, straziato dalla sete, chiedeva un po’ d’acqua, essi lo posero giù dal carro e lo adagiarono nel cortile di tal Tassotti Luigi, invitando costui a dargli un bicchiere d’acqua. Fatto ciò lo rimisero sul carro ripresero la strada per Bergamo. Ma di lì a poco rimisero a terra il Piazzalunga e, condottolo di forza ad una fossa sul margine della strada ferrata, lo uccisero sul luogo, come un cane, a colpi di rivoltella, gridando ed ordinando a quelli che passavano nei pressi di non ricomporre il cadavere senza un ordine. La mattina dopo questo fu ritrovato, con la testa in parte scarnificata da cani o topi. Fu rimosso da cittadini inorriditi da tale abominevole delitto. [Dalla sentenza del Tribunale di Bergamo, che condanna i due agenti della UPI per l’assassinio]

 Le impressioni del pubblico: il sadismo criminale si unisce al freddo calcolo nel produrre una pedagogia del terrore che, attraverso lo spettacolo della violenza trasmesso per mezzo degli stessi corpi, vuole trasmettere il messaggio di isolamento dei partigiani: nessuna collaborazione coi “banditi”, né materiale né morale, rimarrà impunita.

 

Andrea Pioselli, La diserzione I “mongoli” nella Resistenza bergamasca e la strage di Monte di Nese, Il filo di Arianna, Istituto bergamasco per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, 2010, p. 76-77

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